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Lucius Annaeus Seneca... uno di noi


filosofo, drammaturgo e politico romano (Corduba, 4 a.C. – Roma, 65)


Grande è stata la fortuna di Seneca come filosofo, per la suggestione del suo discorso sull’uomo, sulla sua miseria e sulla sua grandezza; sui temi del suo rapporto con gli altri e davanti alla morte, per il suo incessante richiamo all’interiorità, per la sua ostentata indifferenza verso le cose esteriori, per il suo senso di solidarietà e di fratellanza nei confronti di tutti gli esseri umani, anche i più poveri e disprezzati, per gli schiavi, nel riaffermare l’assoluta uguaglianza morale degli uomini davanti a Dio, senza distinzione di censo, di stirpe o di cultura.


Seneca fu uomo di sani principi morali, di grande personalità e scrittore di grande ingegno, eccelso prosatore le cui opere sono per la maggior parte a carattere filosofico. Massimo rappresentante dell’etica stoica in epoca imperiale, Seneca concepisce la filosofia come ricerca della virtù e pratica della libertà. Tutti gli uomini sono membra di un unico gigantesco corpo. Ed è proprio da queste considerazioni derivano il dovere del rispetto verso tutti gli esseri viventi e la necessità di indulgere, e possibilmente curare, i deboli, gli infelici e anche i malvagi (semplici “malati di passione”).


Per inquadrare il pensiero filosofico di Seneca bisogna ricordare che, essendo figlio di un importante retore, era destinato a una carriera politica di prim’ordine. Furono però i casi della vita, la malattia, l’esilio, il ruolo di educatore e di consigliere, che accentuarono nella sua filosofia il carattere etico con il quale trattò tutti i temi fondamentali: passioni, rapporto tra uomo e tempo, libertà, incoerenza della schiavitù, felicità, politica, morte. Dal canto suo, Seneca aggiunse uno spiccato interesse per la natura ed i suoi fenomeni.
Molte furono le filosofie che ispirarono il suo pensiero, tra cui quella stoica, epicureista e platonica.


Dallo stoicismo si riprende l’idea che l’uomo sia in grado di raggiungere la felicità e la libertà interiore se riesce a dominare le proprie passioni e la propria ira. La vera felicità non è data dagli agi o dalla ricchezza, ma dalla virtù. L’uomo, quindi, per raggiungere quanto prima la propria felicità, deve praticare in ogni modo la virtù. Il vero saggio, dunque, è colui che pratica l’autarkeia, cioè colui che è indipendente e autosufficiente, poiché allontana da sé ciò che è inutile ed è volto solo alla ricerca del bene che può essere meglio attuata durante i periodi di otium.
Tipico dell’influenza epicurea è, invece, il pensiero secondo il quale non bisogna temere la morte e si deve vivere ogni giorno come se fosse l’ultimo. Dal platonismo, invece, Seneca riprende il concetto in base al quale l’uomo può raggiungere la conoscenza tramite la filosofia; la filosofia come iniziazione che porta l’uomo dalle tenebre dell’ignoranza alla luce del sapere distinguendolo dall’animale; la filosofia come mezzo per raggiungere un distacco dalla quotidianità.


Seneca apparve subito come un autore moderno per i contenuti delle sue opere e per il suo stile, per la sua capacità di dialogare e convincere, di educare e di esporre attraverso un codice comunicativo chiaro, quello semplice della conversazione. Si spiega così l’entusiastica ammira-zione con cui, da sempre, i latinisti guardano a Seneca e specialmente gli storici della letteratura.


Ecco perché sin da allora piacque alle nuove generazioni fino a giungere a noi come maestro di vita, paradigma della grandezza e della miseria umana. Seneca è uno dei personaggi della letteratura latina che più si amano, anche e soprattutto per i suoi difetti, che lo fanno apparire così vicino a noi, pur con la sua grandezza.

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