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Perchè un premio dedicato a Ezio Bosso


direttore d'orchestra, compositore, pianista (Torino, 13 settembre 1971 – Bologna, 14 maggio 2020)


Pianista, compositore e direttore d’orchestra tra i più influenti della sua generazione, soprattutto per l’accurata ricerca sul concetto di musica empatica.

Nato da una famiglia di origini piemontese da genitori operai, nonostante un’infanzia particolarmente umile, ha iniziato a suonare a soli quattro anni in un’epoca storica molto particolare caratterizzata dalle lotte sociali. Consapevole della mentalità operaia della propria famiglia, non fu sem-plice far valere la passione per la musica che sarebbe poi diventata la sua ragione di vita. Dirà poi:

Ho combattuto il pregiudizio. Fin da bambino ho lottato col fatto che un povero non può fare il direttore d’orchestra, perché il figlio di un operaio deve fare l’operaio, così è stato detto a mio padre.


Riuscì a iscriversi al Conservatorio di Torino, muovendo i primi passi nel mondo della musica classica quando aveva solo sedici anni mostrando il proprio talento come pianista solista a Lione.
Da qui l’escalation che lo consacrò alla sua unica e grande passione.
Un talento selvaggio e irrefrenabile, che Ezio (così ci piace chiamarlo in segno di profonda fratellanza) ha saputo coltivare trasformandolo e portandolo a livelli inimmaginabili, facendosi conoscere e riconoscere dai più raffinati musicisti del mondo. Capace di esprimersi in ogni ambito, è riuscito ad avvicinare alla musica, anche quella classica, persone che mai avrebbero pensato di poterlo fare.


La vita di Ezio Bosso cambia nel 2011.
Prima una grave neoplasia, poi la patologia neurodegenerativa che in breve lo porterà sulla sedia a rotelle, un evento che tuttavia segna l’inizio di una evoluzione della sua vita artistica, ponendolo all’attenzione del grande pubblico.
Ezio non si è mai arreso. Nonostante tutte le difficoltà e le avversità della malattia, ha continuato a suonare, comporre e dirigere dimostrando un coraggio e una determinazione che hanno coinvolto e commosso l’Italia intera. La musica, la sua passione più grande, la sua ragione di vita, lo spinge a sfide sempre maggiori a trasformare ogni sconfitta del corpo in una rinascita dell’anima.

Sono un uomo con una disabilità evidente in mezzo a tanti uomini con disabilità che non si vedono – dirà in un’intervista.
Ho smesso di domandarmi perché. Ogni problema è un’opportunità.


Alla sua attività di pianista alterna quella di direttore d’orchestra, alla guida dell’organico della Fenice di Venezia e del Comunale di Bologna. Nonostante il fisico già molto provato, eppure indomito, appena veniva issato dalla sua carrozzina al predellino del direttore, Ezio si trasformava. Alzava la bacchetta e “accendeva la musica” dando davvero tutto se stesso. Assistere a un suo concerto era un’esperienza straordinaria perché straordinario e immenso era l’amore che trasmetteva ai suoi musicisti e al suo pubblico, senza concedersi pause, senza mai accontentarsi, senza smettere anche quando era esausto.
Il Maestro si sentiva vivo perché faceva musica.






Il lockdown imposto dal Coronavirus gli è stato fatale. Ancora una volta ha cercato di reagire, si è impegnato nello studio di partiture, si è appassionato alla lettura di libri di storia. Ma la linfa per lui salvifica, il fare musica con gli altri e per gli altri, gli mancava.

I miei orchestrali sono i miei fratelli, i miei figli – diceva.
Ci sentiamo molto spesso ma non è lo stesso.

Non smetteva mai di pensare al futuro. Aveva in mente tanti progetti importanti, nuovi modi di esibirsi in pubblico nel rispetto delle distanze, anche se il suo desiderio più grande era sentire il calore del-l’abbraccio dei suoi amici, dei suoi musicisti.
In un post su Facebook, attraverso i versi di una poesia, invitava tutti a non perdere la speranza.



Io li conosco i domani che non arrivano mai
Conosco la stanza stretta
E la luce che manca da cercare dentro

Io li conosco i giorni che passano uguali
Fatti di sonno e dolore e sonno
Per dimenticare il dolore

Conosco la paura di quei domani lontani
Che sembra il binocolo non basti

Ma questi giorni sono quelli per ricordare
Le cose belle fatte, le fortune vissute
I sorrisi scambiati che valgono baci e abbracci

Questi sono i giorni per ricordare
Per correggere e giocare
Si, giocare a immaginare domani

Perché il domani quello col sole vero arriva
E dovremo immaginarlo migliore
Per costruirlo

Perché domani non dovremo ricostruire
Ma costruire e costruendo sognare

Perché rinascere vuole dire costruire
Insieme uno per uno

Adesso però state a casa pensando a domani
E costruire è bellissimo
Il gioco più bello

Cominciamo…



La musica e lo studio sono stati per Ezio il suo riscatto; la passione la sua guida che gli permette di vincere anche il dolore, la solidine nelle stanze della malattia.

È stato difficile essere accettato nel mondo della musica classica e dei pregiudizi perché tutti guardano la malattia: è evidente, non è che posso negarlo.

Eppure la musica ci cambia la vita e ci salva. Le persone che vengono ad ascoltare i miei concerti, entrano da spettatori e escono da persone. La bacchetta mi aiuta a mascherare il dolore e non è una cosa da poco. Sul palco sono senza spartito, faccio tutto a memoria. Quando dirigo è come se avessi tutti i suoni scritti, primi e secondi violini, violoncelli, bassi, flauti, oboi, clarinetti, fagotti, corni, trombe, tromboni, percussioni, io li ho davanti, per me è un contatto visivo, dirigere con gli occhi, con il sorriso.


Ezio si interessava a tutto… un uomo appassionato, profondo, ironico. Sempre attento e curioso della vita. Con una forza immensa, un grande senso dell’umorismo e soprattutto con tanta umiltà e sempre con un sorriso per tutti.

Ho avuto paura anche delle “mazzate” che mi sono preso ed ho pre-so schiaffoni perché sono una persona normale. Il mio entusiasmo, la voglia di fare, però, alla fine, è diventa contagiosa.






Ezio era dunque una persona davvero speciale. Intelligentissima, sensibile, sapeva trasmettere la passione per la musica e per la vita, ed è per questo che ha lasciato un grande vuoto, un grande lascito.

È importante incontrarsi, la musica è come un focolare attorno al quale sedersi. La musica è un linguaggio universale che permette a tutti di parlarsi e fare comunità a prescindere dal luogo di prove-nienza. È importante creare occasioni di scambio e coinvolgere i ta-lenti, i giovani e aprire i teatri e i luoghi di cultura. Dobbiamo ascoltarla ad alto volume, riempire l’Italia di questa musica meravi-gliosa. È la nostra forza con cui cambiare il mondo.

Già… chissà se Ezio non avesse davvero ragione. Intanto, per certi versi, lui l’ha cambiato e l’ha reso davvero più fantastico.





A Ezio Bosso, al grande uomo, al grande compositore e direttore d’orchestra, anima geniale e intel-ligenza raffinata, il Dipartimento di Musica dell’Accademia delle Arti e delle Scienze Filosofiche di Bari, ha inteso onorarne la memoria concretizzando un progetto pensato già da alcuni mesi finalizzato alla realizzazione di un Premio di esecuzione pianistica indirizzato ai giovani.

Ideato da Massimo Massa, il Premio Ezio Bosso, una vita per la musica, ha l’obiettivo di promuovere, oggi più che mai, la cultura musicale incoraggiando i giovani talenti allo studio del pianoforte, dando loro spazio e visibilità, un aiuto concreto per muovere i primi passi nella difficile carriera di musicisti, esibendosi e crescendo professionalmente, prendendo spunto dalla grande vitalità del Mastro Bosso, un uomo dal grande carisma e fascino magnetico, impetuoso, idealista, appassionato, seducente nel por-tare avanti un’idea tutta sua della musica e dell’essere musicisti, rigorosamente determinato anche durante la solitudine e lo sconforto della malattia.

Il desiderio dell’Accademia è che questo Premio possa riscuotere negli anni un sempre crescente successo, sempre più elevati traguardi, una diffusione più ampia e un’adesione sempre più signifi-cativa di musicisti impegnati a proporre le proprie forme espressive.
Un Premio che possa tradursi in un tangibile evento culturale, un’importante tappa nell’ambito del percorso formativo dei ragazzi che vi partecipano.




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